I nuovi trattori John Deere serie “6R” omologati stage 4 sono disponibili con tre diversi passi, due dei quali, il medio e il corto, realizzano macchine compatte ma di alte prestazioni. I loro motori a quattro e sei cilindri erogano infatti potenze che possono superare i 200 cavalli
John Deere costruisce attrezzature agricole da oltre 175 anni e da quasi cento, 98 per la precisione, anche trattori agricoli. Le sue competenze a livello di meccanizzazione agricola sono quindi certificate da un excursus storico che nessun altro costruttore può vantare, una crescita progressiva ma costante che ha portato l’organizzazione di Moline, nello stato dell’Illinois, a essere il costruttore agricolo per eccellenza, un’icona presente in tutto il Mondo e operante in tutti i vari ambiti in cui si suddividono i settori dell’agricoltura, della zootecnica e del garden. Ambiti diversi e da presidiare con macchine altrettanto diverse, ma sempre accomunate da una filosofia progettuale basata sul dialogo costante e diretto fra tecnici e operatori, la stessa che lo scorso anno ha portato al lancio dei nuovi “6R” omologati in stage 4 a passo lungo e nel novembre scorso, ad Hannover, in occasione di Agritechnica, dei mezzi di gamma media. Proposti con due diversi passi, uno corto da 258 centimetri e uno medio da 276, sono trattori che nascono collaudati e forti, eredi di una linea di prodotto, la serie “6R”, apprezzata in tutto il Mondo e che proprio nelle ultime e più recenti macchine ha trovato la sua miglior espressione tecnico-costruttiva. Sei le potenze di riferimento, erogate da unità “PowerTech” serie “Pss”, con sovralimentazione a due stadi, o “Pvs”, con turbocopressore singolo a geometria variabile, a seconda dei modelli, ma ben 39 le varianti rese disponibili a livello di sistema integrato di motopropulsione, cioè giocando sull’abbinamento fra motori e trasmissioni. Queste ultime sono in effetti disponibili in quattro diverse varianti che spaziano dal gruppo meccanico semi powershift a cinque gamme e quattro marce “PowerQuad Plus” al raffinato cvt “AutoPowr” a elevata componente meccanica che permette di slegare regime motore e carico ottimizzando il primo in funzione del contenimento dei consumi. Fra tali estremi si collocano la trasmissione “AutoQuad Plus”, un powershift robotizzato che rende disponibili fino a 24 rapporti delegando la scelta di quello più appropriato al computer di bordo e l’esclusivo gruppo “DirectDrive” a doppia frizione, un cambio a otto marce e tre gamme gestito da un’apposita centralina che controlla mediante attuatori elettromagnetici le frizioni, una delle quali agisce sulle marce pari e l’altra sulle dispari. Ciò fa sì che ogni cambio di marcia avvenga in maniera quanto mai progressiva e pulita, con il rapporto uscente che cede il posto a quello entrante senza dar luogo a contraccolpi o ruvidità. “DirectDrive” abbina quindi la fluidità di funzionamento e per certi versi anche gli automatismi di lavoro tipici delle trasmissioni cvt con le rese energetiche dei cambi powershift. A muovere tutti i gruppi, come accennato, motori a quattro e a sei cilindri da mille e 125 centimetri cubi per canna tutti omologati in stage 4 grazie a soluzioni tecniche omologhe, ma diversi fra loro in termini di sistemi di sovralimentazione. Gli emissionamenti si basano in effetti sulla presenza di un sistema di ricircolo dei gas di scarico che abbatte gli assidi azotati operando in tandem con un sistema scr e con due filtri catalizzatori, uno dei quali, quello antiparticolato, di tipo autorigenerante. Tale schema permette di minimizzare sia i tassi di riciclo dei gas di scarico, a vantaggio delle rese termodinamiche, sia i consumi di urea, a vantaggio dei costi di gestione. I sistemi di sovralimentazione sono invece diversi in quanto basati su un turbocompressore a geometria variabile nel caso dei motori a sei cilindri e su un impianto a due turbine, una a geometria variabile e una a geometria fissa, sui motori a quattro cilindri. In ogni caso ne derivano prestazioni elevate a fronte di minimi consumi, obiettivo perseguito anche mediante l’inserimento sui motori di distribuzioni a quattro valvole per cilindro e sistemi di alimentazione common rail operanti ad altissima pressione, fino a un massimo di due mila e 500 bar a fronte di una media di settore di circa due mila bar. Così concepiti, i gruppi di motopropulsione sono appoggiati su specifici telai di acciaio che permettono di alloggiare anche eventuali attacchi a tre punti anteriori o caricatori frontali senza che questi scarichino gli sforzi sostenuti sulla meccanica, a vantaggio dell’affidabilità di quest’ultima. Lo stesso telaio, inoltre, isola al meglio la cabina dalla meccanica enfatizzando il comfort di lavoro, parametro che può essere ulteriormente migliorato se si ha l’accortezza di allestire la macchina con la cabina sospesa per via idropneumatica e il nuovo assale anteriore “Tls Plus”, gruppo che concorre anche a migliorare l’aderenza al terreno dei pneumatici e quindi a elevare le capacità di trazione dei mezzi di un buon sette per cento in più rispetto a quanto proposto da un analogo trattore con assale anteriore oscillante, ma non sospeso. Ne deriva che l’assale “Tls Plus”, come anche il sollevatore posteriore dotato di sistema antidumping, piuttosto che gli impianti idraulici di tipo load sensing, sono gruppi polivalenti, nel senso che pur assolvendo a una funzione specifica inducono ritorni positivi indiretti che danno origine a macchine di elevata produttività.